Spenta l’eco delle ultime voci, davanti a me l’immenso salone del Maggior Consiglio a poco a poco riprende il suo aspetto usuale: mi rimangono solo il ricordo e alcune fotografie. Immagini fissate per sempre nella memoria, vive, come vivi erano i sorrisi, le parole e la gioia che aleggiavano. Spenta è anche la frenesia dei giorni che hanno preceduto l’avvenimento, frenesia e apprensione per preparativi, dubbi, domande, telefonate, conferme e disdette. I motivi per una festa c’erano tutti; non solo la riapertura dell’area e questo di per sé sarebbe già bastato: aleggiava nell’aria, insieme col profumo della primavera, quello del rinnovo della convenzione e con esso il rinnovo di un ruolo professionale che da sempre ognuno di noi aspetta e anela. Ma perché una festa, mi chiedevo, perché offrire agli iscritti salatini e dolcetti, spumante e bibite al posto di un’assemblea sindacale?
Avevo timore di giudizi negativi, specialmente per l’uso ludico e quindi, a parere di alcuni, improprio, del denaro collettivo. Avevo torto: l’amalgama tra il serio e il faceto è riuscita in pieno; i colleghi avevano voglia di ritrovarsi insieme, di sentirsi parte di un gruppo compattamente omogeneo, nonostante le differenze di specialità e di attività lavorativa; avevano bisogno di rinsaldare un collegamento tra loro (la base) e la dirigenza del sindacato. Che fossero allegri si intuiva dal cicaleccio che riempiva la sala nonostante la presenza di varie autorità: il Segretario Nazionale Roberto Lala e il Presidente Giuseppe Nielfi, il vice segretario nazionale Alfonso Celenza, il Presidente dell’ENPAM, l’europarlamentare Eolo Parodi, l’Assessore regionale alla Sanità Roberto Levaggi, il Presidente dell’Ordine dei Medici Enrico Bartolini e il Direttore Generale della ASL 3 Luciano Grasso. Che il buffet fosse ottimo non si intuiva: si vedeva dal numero di vassoi vuoti che rientrava in cucina. Erano in tanti e non me lo aspettavo: alle 19, un orario in cui molti lavorano ancora, in cui il traffico metropolitano rende gli spostamenti difficili, puntuali sono arrivati da ogni parte della città e della regione, per stringersi attorno al loro segretario regionale e al loro segretario provinciale e dir loro grazie, con la presenza e col sorriso, per tanti piccoli e grandi problemi affrontati, talora risolti, talora no, ma sempre vissuti insieme con partecipazione.
Che buffo, mi sarei aspettata riconoscenza per altri motivi: magari per aver risanato un bilancio, passando da un deficit cronico e progressivo ad un saldo attivo, nonostante il calo fisiologico di iscrizioni e invece no, non per questo attendevano il turno per stringerci la mano prima di andarsene, ognuno col sorriso negli occhi e il calore nel cuore. Ma in fondo, è giusto così. Hanno ragione loro: il sindacato si fa anche in questo modo, creando momenti comuni di incontro, vuoi per una assemblea, vuoi per un corso di formazione, vuoi, perché no?, per una festa, rinsaldando l’aggregazione e il concetto di appartenenza ad un gruppo, dove ognuno si senta parte del tutto e dove ognuno sappia che offendere il singolo significa toccare l’insieme e scatenare la reazione di tutti. Hanno ragione loro e certe atmosfere si ritrovano solo in alcuni momenti di allegria collettiva che sarebbe bene incentivare e perseguire. Spenta l’eco delle voci e spente le luci del salone la festa è proprio finita: restano un gran bel ricordo, mille immagini nella memoria e mille sensazioni nel cuore che le parole non sanno e non possono descrivere.